Piazza del Gesù Nuovo: la Musica e la Morte

L’UNESCO ha nominato Piazza del Gesù Nuovo patrimonio dell’umanità. E ne ha ben donde: a ogni angolo un pezzo di storia si erge ancora maestoso, abbracciando a trecentosessanta gradi il passeggio di tutti, turisti e residenti. Dal Monastero di Santa Chiara si innalzano le note amare dell’omonima canzone che narrano di una guerra devastante; le porte dell’attuale liceo classico Antonio Genovesi un tempo celavano le enormi stanze del Palazzo della Congregazione il quale, alla fine del ‘500, formava l’insula gesuitica (o complesso della Congrega dei Gesuiti) assieme alla Casa Professa dei Padri Gesuiti (l’attuale liceo statale Eleonora Pimentel Fonseca) e alla Chiesa del Gesù Nuovo, uno dei luoghi più misteriosi di Napoli.

Non solo dentro, ma all'esterno. Sulle mura.

 

Il bugnato della Chiesa del Gesù Nuovo.

 

"Bugnato" sta per costruzione di pietra, spesso muraglia, in cui i blocchi sono posti l’uno sopra e di fianco l’altro, con cadenza ripetuta, sporgendo a punta di diamante. Una costruzione messa in opera anche ai tempi del Medioevo, tipica del Veneto Rinascimentale ma poco conosciuta nel Meridione.
Il bugnato della Chiesa del Gesù Nuovo, di forte spicco barocco, però, a dispetto di tutti gli altri, presenta una particolarità: i simboli sulle pietre.

Di dieci centimetri circa di lunghezza, sembrano lettere (inequivocabile, per esempio, è la A), somigliano ad antichi simboli alchemici (la A stava a significare “magnesio”, per i pionieri della chimica), probabile è che ricordino simboli astrali (la stessa A, vista meglio, potrebbe significare “leone”).
Una teoria poco accreditata afferma che ogni pietra del bugnato sia stata “marchiata” per ricordare da quale cava di tufo fosse stata raccolta e trasportata.
Rimane poco accreditata perché, a contare ogni simbolo differente, risulterebbe che a Napoli ci fosse un numero spropositato di cave. Anche se per chilometri Napoli al di sotto del manto stradale risulta vuota, soprattutto perché il piperno, di origine magmatica, abbondava in tutta la Campania e le zone da cui veniva estratto erano soprattutto Soccavo, Pianura, Nocera Inferiore, Quarto, dati storici messi in relazione con i simboli sul bugnato del Gesù Nuovo confermano che non ci sono state cave in numero così elevato da eguagliare la quantità di simboli incisi.

Ancora, si dice che i simboli fossero stati impressi per ricordare le squadre di lavoro dei “pipernieri” (un nome più preciso rispetto a “scalpellini” e più nobile rispetto a “tagliapietre”: erano infatti coloro che riuscivano a incidere nelle pietre di piperno, dure da lavorare).

Molto improbabile: nessun nobile avrebbe mai permesso uno scempio del genere su una costruzione così maestosa.

La leggenda più insistente vuole che i simboli incisi sulle pietre siano “canali di flusso” per incamerare energie positive e ricacciare quelle negative: Roberto Sanseverino, principe di Salerno, nel 1470 ordinò a Novellino di San Lucano la costruzione della Trinità Maggiore, cioè la Chiesa del Gesù Nuovo.

Avrebbe indicato nei dettagli dove posizionare le pietre che, prima di essere lavorate, venivano “irrorate” di magia positiva dal lato utile.

Qui la leggenda si divide in due parti: la prima gioca sull’ignoranza dei maestri pipernieri, i quali avrebbero malauguratamente costruito il bugnato impilando le rocce al contrario. In tal modo gli influssi negativi sarebbero entrati nell’edificio e quelli positivi sarebbero sfociati all’esterno.

La seconda pare sia quella più accreditata: si è parlato di maestri pipernieri, coloro che ricevevano la conoscenza dell’antica arte del taglio della pietra campana (fin dai tempi dell’Antica Roma) da una potente quanto segreta corporazione che li obbligava al “giuramento degli apprendisti”. Molti di essi erano anche abili conoscitori dell’alchimia e dell’esoterismo. Quindi avrebbero compreso come disporre le pietre magiche (si sospetta che lo stesso Roberto Sanseverino li avesse chiamati a corte perché anch’egli conoscitore della magia) e quindi non si sarebbe trattato di un errore così grossolano (si sospetta che questi furono corrotti dai nemici del nobile).

Non ci è dato saperlo, almeno non ancora. Sta di fatto che nei secoli il Gesù Nuovo sarebbe stato afflitto da numerosi malefici. I problemi di proprietà, ad esempio: il figlio di Roberto Sanseverino, Antonello, ricevuto il palazzo in eredità, fu allontanato dal regno a causa di contrasti con gli Aragonesi; anche Ferrante Sanseverino, l’ultimo principe di Salerno, fu allontanato dal re Filippo II; la Compagnia dei Gesuiti, che acquistò il palazzo dallo stesso Filippo II, fu successivamente allontanata come Ordine.

Ma anche le numerose confische dei beni ai Sanseverino, la completa distruzione di un’ala del palazzo, gli innumerevoli crolli della cupola e il successivo incendio della chiesa.

Per non parlare di ciò che accadeva ai tempi di Raimondo di Sangro, principe di San Severo…

 

Aggiornamento del 28 dicembre 2010


Lo storico dell’arte, appassionato di rinascimento napoletano e musicofilo, Vincenzo De Pasquale ha decifrato il significato dei simboli sul bugnato: si tratterebbe di uno spartito musicale scritto in lettere aramaiche, in totale sette lettere, da leggersi al contrario: dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra. Un pentagramma sulla facciata del Gesù Nuovo.
Durante una cena in Ungheria nel 2005, anno di inizio dello studio, De Pasquale mostrò questi strani simboli a Lòrant Réz, suo amico musicologo che le trascrisse (scrivendoli in successione contraria sul retro del menù del ristorante in cui stavano desinando!) e vi applicò la Legge di Vitruvio sulla sezione aurea (rapporto tra due segmenti disuguali). Un’equazione che recita così:

equazione è caos: + o - architettura + o - matematica + o - musica = perfezione.

De Pasquale fu poi aiutato da un padre gesuita esperto in aramaico, Csar Dors, che tradusse le lettere dall’aramaico al latino.

Da annoverare anche il lavoro di Assunta Amato (matematica), Tullio Pojero (architetto), Silvano Gravina (giurista) e Salvatore Onorato che ha aiutato Vincenzo De Pasquale nei sopralluoghi.

E così vennero alla luce le prime note di quello che sarebbe diventata “Enigma”, partitura di un concerto per strumenti a plettro della durata di tre quarti d’ora circa.

Gli studi proseguono, anche perché il prof. Réz dichiara che lo spartito si possa leggere in altri nove modi diversi e che lo stesso spartito abbia delle assonanze addirittura con l’ “Herr Jesu Christ, dich zu uns wend, BWV 655” di Johann Sebastian Bach, che fu un massone e che fu a Napoli e che, a questo punto, è ipotizzabile sia stato influenzato dall’opera occulta.

 

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Ma Piazza del Gesù (come viene chiamata spesso, omettendo il suffisso “nuovo”, poiché i napoletani la sentono come antica, da sempre con loro) non solo è accerchiata da strutture uniche. Una che giace al suo centro, stupenda e al contempo spaventosa, è la Guglia dell’Immacolata.

 

L’Obelisco dell’Immacolata.

 

Si erge, interamente di rame, la Madonna dell’Immacolata che l’8 dicembre di ogni anno riceve l’incoronazione da parte dei vigili del fuoco, come segno di devozione della città nei riguardi della Vergine.

Nel XIII secolo fu innalzata dai Gesuiti grazie a una colletta pubblica voluta da Padre Pepe. Il lavoro scultoreo (la statua poggia su una guglia marmorea) fu di Matteo Bottigliero e Mario Pagano.

Sul marmo dell’obelisco, la gente mormora, pare ci siano dei simboli blasfemi e una faccia di scheletro in continuità con le effigi classiche volute dal progetto di Giuseppe Genuino.
La curiosità è stata così forte nei secoli che ogni volta che si rende omaggio alla Madonna ogni inizio di dicembre si è stati accorti alla presenza delle suddette immagini malvagie che non sono mai state confermate.
Ciò che resta da spiegarsi è l’effetto ottico che si può notare in alcune ore della giornata, soprattutto verso sera all’imbrunire, che rendono la statua grottesca: osservando la statua da dietro si noterà che Ella avrà il velo increspato. Aguzzando la vista, con un gioco di prospettiva la statua sembrerà del tutto diversa: il velo coprirà, come un cappuccio, una figura simile alla Morte che brandisce la classica falce.

Difficile risulta credere che anche a Napoli ci sia stato il culto della “Santissima”: la Santa Muerte ha origini incerte per quanto riguarda la data di nascita. E’ certo che il culto sia nato in Messico e che fino agli inizi del Duemila fosse rimasto tale. Dopodiché, un arcivescovo messicano allontanato dalla Chiesa Cattolica, ne professò le regole. Dapprima additato dalla comunità messicana, oggi la religione-culto gode di popolarità, soprattutto nei ranghi delinquenziali. Comunque sia, la statua tipica della Santa Muerte è uno scheletro in un velo di vario colore a seconda del male da debellare (in giallo: risolve problemi di danaro, in rosso: cancella i crucci in amore; in nero quella generica e più conosciuta…).

L’accezione esoterica presenta tra le mani, oltre che la falce e la bilancia, una marionetta e una clessidra, a sottolineare la sua importanze nel conteggio della vita dell’uomo.

Spesso si pensa che invocarla inutilmente provocherebbe la morte di un parente o un amico e che, più raramente, la Santa Muerte sia gelosa degli altri santi, che non dovrebbero essere più adorati.

Leggenda o realtà che sia, la nostra Vergine Maria dell’Obelisco dell’Immacolata è fatta di rame, che col tempo si è ossidato ed è diventato azzurro-verde.

Lo stesso colore della Santa Muerte risolutrice dei problemi di lavoro…

Alcune foto:

Gesù Nuovo
Gesù Nuovo
Gesù Nuovo
Il bugnato - particolare
obelisco dell'Immacolata
Obelisco dell'Immacolata 2

Dove si trova:

Piazza del Gesù Nuovo

80134, Napoli

Campania - Italia